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L’armadio dei reperti dimenticati (e ora ritrovati)

Scritto da Salvo Palazzolo il 2 maggio 2010
Pubblicato nella categoria Il blog inchiesta

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Per i magistrati della direzione distrettuale antimafia si tratta di una svolta importantissima: con gli ultimi ritrovati della tecnologia quei reperti potrebbero dire molto sulle armi e soprattutto sugli autori di alcuni delitti degli anni Ottanta.

I proiettili sparati il 6 novembre 1981 sono stati già affidati ai carabinieri del Ris di Messina. Il sostituto procuratore Lia Sava e il procuratore aggiunto Ignazio De Francisci sperano di trovare un riscontro determinante alle dichiarazioni del pentito Francesco Di Carlo, che per l´omicidio Bosio ha chiamato in causa Antonino e Giuseppe Madonia, i killer più fidati della famiglia di Resuttana. Gli esperti in camice bianco, diretti dal maggiore Sergio Schiavone, analizzeranno i proiettili del caso Bosio e poi li metteranno a confronto con altri sparati per certo dalle armi del clan Madonia.

Con la sola dichiarazione di Francesco Di Carlo la Procura si era vista costretta a chiedere l´archiviazione, anche per altri quattro mafiosi legati al mandamento di Porta Nuova, quelli che non avrebbero gradito l´intransigenza di Sebastiano Bosio nella conduzione del suo reparto. Due mesi fa, il giudice delle indagini preliminari Pasqua Seminara ha rigettato la richiesta di archiviazione e ha disposto nuove indagini. Uno dei punti centrali del caso è rimasto quel misterioso pacchetto con i proiettili estratti dal corpo martoriato del primario. La Procura è tornata a cercare negli archivi del palazzo di giustizia, in quelli di polizia e carabinieri. La scoperta l´ha fatta al Policlinico il professore Procaccianti, che dirige l´istituto di Medicina legale dal 1991, passando al setaccio l´attività fatta dai suoi predecessori. In passato, non c´era l´obbligo immediato della consegna dei reperti all´ufficio corpi di reato del tribunale. Così, per anni, quei proiettili sono stati “dimenticati” nella cassaforte del Policlinico. In realtà, forse, sarebbero serviti a poco alle indagini: solo negli ultimi dieci anni la tecnologia ha offerto grandi risorse per fare parlare armi e proiettili. Il ministero dell´Interno ha anche creato una banca dati per la balistica: si chiama “Ibis”.

L´autopsia del professore Bosio l´aveva curata Paolo Procaccianti, ma poi altri collaboratori dell´istituto si erano occupati di sistemare i proiettili: nella cassaforte sono stati ritrovati ancora sigillati, con le firme di alcuni ex dipendenti del Policlinico che oggi hanno 90 anni.
La lista dei reperti ritrovati è ora sulla scrivania del procuratore aggiunto Ignazio De Francisci, una delle memorie storiche del pool antimafia di Palermo. Il contenuto della lista resta top secret, ma gli inquirenti non nascondono la speranza che qualche vecchio caso di omicidio possa essere presto riaperto.

A sperare sono soprattutto le figlie di Sebastiano Bosio, Silvia e Lilli, che da anni si battono perché si faccia luce sull´omicidio del padre. Un risultato importante l´hanno già raggiunto: le ultime indagini di magistratura e carabinieri hanno spazzato via il depistaggio che qualcuno, non è ancora chiaro perché, aveva costruito attorno all´omicidio. Bosio non morì perché aveva curato un sicario delle cosche perdenti, Salvatore Contorno. Ha scritto il gip Seminara: “Bosio era estraneo a circuiti criminali, era impermeabile a pressioni di sorta e certamente indisponibile ad aiuti nei confronti di soggetti di estrazione criminale”. Bosio si sarebbe opposto a fare diventare il suo reparto il grand hotel di alcuni mafiosi detenuti. Le indagini sul movente proseguono, soprattutto sulle insospettabili complicità di cui avrebbero goduto alcuni padrini all´interno del Civico.

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